LADINISMO

Questo fotomontaggio/collage l'ho realizzato come accompagnamento di un articolo, apparso su varie testate regionali nell'estate 2009, dell' amico artista Claus Soraperra.


LADINISMO
di Claus Soraperra

La ladinità sta lasciando il posto al LADINISMO (inteso come movimento artistico-culturale contemporaneo, vivo e vegeto), modellando su misura i valori e la ricchezza culturale di una minoranza etnica, sostituendo i contenuti con la forma, azione tipica della globalizzazione, dove all'oggetto si sostituisce l'immagine di esso.
La tradizione diviene spettacolo, performance, happening, gioco, prodotto fine a se stesso, costretta a misurarsi stagionalmente con la morte della tradizione stessa. Infatti più che trasfotmazione culturale sembra fusione tra cultura e svago, attuandosi come deviazione della cultura e banalizzazione dello svago.
Una messa in scena che ricorda la pubblicità dove in effetti non esiste più l'oggetto ma la sua immagine, restringendo l'orizzonte dei telespettatori facendo loro credere che esiste solo ciò che si vede. questo meccanismo comunicativo è figlio dell'invenzione mediatico-pubblicitaria che con i suoi sistemi inibitori ed anestetizzanti sostituisce, anche nella ladina Val di Fassa (ci mancherebbe altro!!!) la teoria dell'estetica a quella sociale. Qui l'individuo diviene soggetto ed il soggetto diviene oggetto, perdendo il contatto con la realtà oggettiva, mettendo in crisi i valori basilari di una comunità.
I risultati collaterali sfociano nella debolezza del tessuto sociale e familiare, la perdita di identità e solidarietà, la fragilità linguistica del ladino, migliora invece la coesione in in associazionismo, molto diffusa, ma che assume spesso e volentieri il ruolo di strumento per la messa in opera dello spettacolo ladinista.

Gli stessi organi di promozione turistica, a cui spetta la pianificazione economica e la cosiddetta disseminazione del benessere, non perdono occasione di utilizzare (a questo punto"giustamente"!!) l'immagine fredda, colorata, televisiva e spettacolore come mezzo pubblicitario, trasformandola in merce di scambio e prodotto culturale, feticcio di un consumismo finalizzato alla rapida deperibilità.
La messa in onda della tradizione "ladinica" targata culturale si trova di fronte due tipi di spettatori, la società esterna, alla ricerca di tradizionalismi mordi e fuggi, e gli stessi ladini. Evitando di incamminarci nell'analisi del tipo di messaggio mediatico e della percezione del cosiddetto Ladinismo imperversante, che la società esterna coglie, prendono forma le sensazioni degli stessi autoctoni, attori di se stessi, sempre più compiaciuti, più che di loro stessi, dell'immagine virtuale e consumistica che loro riescono a dare.
Attraverso la rilettura di loro stessi come icone medianiche, sostenute da un consenso popolare ormai diffuso, dall'orgoglio, non tanto ladino, ma di appartenenza a "qualcosa" comunque sia di diverso, i ladini captano di rimando un senso di identità deviato e fittizio di loro stessi come etnia e come minoranza linguistica, vivendolo ormai come qualcosa di esclusivo, uno "style of life", che fa parte della loro storia, non accorgendosi inversamente di essere perte dei sistemi pianificatori messi in atto dalla globalizzazione.
Svuotata di contenuti e resa maneggevole la tradizione oggi, risulta esportabile in formato VHS, Ipod, CD rom ecc, pratica quanto palmare, racchiusa in pochi giga di memoria virtuale, ma pronta per essere salvata dalla sua fine se non altro in termini di immagine (probabilmente in formato jpg), ed essere lasciata in eredità ai posteri, (magari non ladini!!).
Un' azione degna da supereroi, una strategia sembra pianificata a tavolino per arginare le erosioni della globalizzazione, la tradizione resasi ormai immagine di se stessa, riuscirà così a salvarsi con gli stessi strumenti di distruzione di massa.
Utilizzando i canali mediatico-consumistici la nostra tradizione troverà un nobile spazio nell'archivio virtuale della rete, rassicurando i ladini stessi di rimanere anche in futuro ladini.
Sicuramente un'onestà d'azione sincera, muove i giovani attori nella selva della pianificazione globale, che da loro un incauto ruolo ed una piacevole responsabilità, quella di portatori sani di una nobile tradizione che richiama alti valori socio-culturali, ma che innavertitamente le società di oggi non da loro lo spazio motivato di azione. Cosa farne di un patrimonio così originale, ma che risulta incompatibile nel sistema operativo di oggi. Geniale la risposta, riutilizzando la forma, resasi leggera non avendo contenuti oggettivi con la realtà, nella messa in scena della tradizione come prodotto d'asporto, legandola al mondo dell'immagine. Forse questa è l'unica via percorribile nei labirintici motori di ricerca, per far si che la tradizione, nella sua immagine migliore possa essere ri-utilizzata come unico virtuale segno di un'antica appartenenza al popolo ladino. Il rischio rimane quello di decidere già oggi di essere immagine di se stessi, e di rischiare di passare alla storia con gli abiti antichi e non almeno con l'abito di oggi.